19 marzo

Oggi è la Festa del Papà.

Molto nella mia vita professionale dipende da quello che il mio mi ha trasmesso con le parole e con l’esempio.

Papà mi ha realmente lasciato libera di scegliere e ha sempre creduto in me.

Quando gli ho detto che avevo deciso di iscrivermi all’Istituto Tecnico Industriale (1983, un periodo in cui si faceva ancora “Officina”, con lime e trapani a colonna, per dire, e in cui di donne all’ITIS se ne contavano veramente poche), lui mi è stato vicino e non ha mai cercato di farmi scegliere altre strade, ritenute in quel periodo più adatte a una ragazza. Ed è stato contentissimo quando ha scoperto che avevo cambiato idea e invece di andare a lavorare appena diplomata mi sarei iscritta a Ingegneria.

Io, d’altronde, se fin da bambina mi sono appassionata alla meccanica e alla tecnica lo devo a lui, e in questo ci siamo sempre “trovati”.

Papà mi voleva autonoma, a volte mi viene da pensare fin troppo autonoma. Ma lo capisco.

Papà era un piccolo imprenditore. Suo padre aveva fondato una delle più importanti imprese di pulizie industriali di Torino. Lavorava nelle più grandi Aziende torinesi e, per la preparazione, la riservatezza e l’affidabilità, anche nelle case degli imprenditori più importanti della città.

Papà ha messo da parte i suoi sogni per entrare in azienda con nonno. Papà avrebbe avuto la passione e la capacità per diventare meccanico, o carrozziere, o entrambe le cose. Amava le macchine, gli aerei, i motori, tutto quello che si muoveva, ci parlava, li capiva, anche se non aveva alle spalle studi specifici.

Quando ero piccola andavamo insieme a Caselle o al Campo Volo Aeritalia vicino a casa, poi apriva il cofano della macchina e mi spiegava come funzionava il motore. Mi faceva fare piccoli lavori di carpenteria nella sua mini-officina. Mi ha insegnato ad ascoltare cosa hanno da dirci i motori, come capire quando si stanno lamentando. Abbiamo fatto insieme mille lavori manuali che lui avrebbe impiegato tre secondi a fare da solo, ma voleva che imparassi anch’io e, con infinita pazienza, mi aiutava a farlo.

La vita di Papà è stata difficile, di enormi rinunce fatte per andare dietro ai sogni altrui, di fatica (lui l’impresa la viveva in prima persona, anche quando questo voleva dire andare di notte insieme ai suoi dipendenti a pulire le fabbriche ferme), di investimenti personali e di difficoltà economiche. Mai piegato alle scorciatoie facili, sempre corretto, anche quando esserlo costava davvero caro.

Da lui ho capito fin troppo in fretta quanto sia difficile fare l’imprenditore; una responsabilità infinita sentita soprattutto verso i dipendenti, non solo verso la propria famiglia anagrafica.

Ho capito la difficoltà di cercare di andare avanti da soli. Ho capito quanto possa costare dover ammettere di aver bisogno, a volte di un semplice consiglio, altre di un aiuto professionale da parte di un consulente, ma comunque di ammettere di non potercela fare da solo.

Ricordo ancora che avevo 17 anni e lui, quasi in lacrime per un problema di lavoro che lo stava divorando, mi ha detto “Laura, tu nella tua vita potrai fare qualsiasi cosa e io ti appoggerò sempre. Ma non fare l’imprenditore”.

Lo diceva per me. Voleva evitarmi le sofferenze che, per tanti motivi, stava vivendo in quel periodo.

Da lì è nata il mio desiderio di aiutare chi fa impresa, una sorta di “missione” – mi si consentirà l’uso di questo termine – che mi ha portato ad avvicinarmi al mondo Confindustria fino a farne parte e rimanerci dentro per più di 25 anni. E in ogni Imprenditore con cui ho avuto l’onore di potermi confrontare ho sempre visto anche un po’ di mio padre.

Vi ho visto il coraggio, la speranza, la voglia di fare, ma anche le paure, la solitudine, la difficoltà di chiedere aiuto.

Papà non voleva sentirmi dire “Non sono capace”. Si arrabbiava tantissimo.

Ma Papà aveva anche la capacità di curarmi ogni dolore, anche quelli che non gli raccontavo, dicendomi “Stai tranquilla, Cici, è tutto a posto”. Magari non ci credeva nemmeno lui, ma in quel momento per me di colpo diventava vero. Anche da adulta. Anche fino all’ultimo.

In questo momento in cui tutto sembra impossibile darei qualsiasi cosa per sentirglielo di nuovo dire.

“Stai tranquilla, Cici, è tutto a posto.”

Auguri, Papà. Mi manchi tantissimo.

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